mercoledì 6 novembre 2013

GORLA MAGGIORE: PINOCCHIO UNA STORIA POSSIBILE

La locandina dell'evento
 
 
 
10 novembre – 15 dicembre 2013
 
 
PINOCCHIO, UNA STORIA POSSIBILE
 
 
Da un progetto di ROBERTO MUTTI realizzato dai giovani talenti dell’ Istituto Italiano di Fotografia
Torre Colombera – Via Canton Lombardo - Gorla Maggiore (Va)
Orari di visita: venerdi e sabato 16-19 / domenica 10-12/16-19 –Ingresso libero
 
 
 
 
INAUGURAZIONE DOMENICA 10 NOVEMBRE ORE 11.15
 
 
MUSICAL DOMENICA 10 NOVEMBRE ORE 16.00
 
 
presso CENTRO PAOLO VI – ORATORIO SAN CARLO
 
 
PINOCCHIO.... UN BAMBINO SPECIALE
a cura della Cooperativa IL GRANELLO
 
 
 
Provate a cercarlo quel libro nelle antologie di letteratura, nelle direttive scolastiche che il
perfido linguaggio burocratico definisce “indicazioni riguardanti gli obiettivi di
apprendimento”, nelle biblioteche dei licei. Ebbene, in tutti questi luoghi fisici e mentali
“Le avventure di Pinocchio” non lo troverete e questa, che pure è un’esclusione
scandalosa, è forse anche la sua fortuna perché al romanzo scritto nel 1881 da Carlo
Lorenzini con lo pseudonimo di Carlo Collodi è stata risparmiata l’onta della lettura
obbligata. Come, infatti, augurare a questa deliziosa opera - ancora carica di un’invidiabile
freschezza - il destino conosciuto da Carducci e Manzoni, Montale e Leopardi, quello cioè
della ripetizione mnemonica, dell’analisi inutilmente minuziosa raccontata in migliaia di
aule scolastiche? Già, perché perfino nelle case di chi ha poca dimestichezza con i libri quel
romanzo un posto se l’è da tempo conquistato e lo mantiene passando di mano in mano,
letto, ascoltato, immaginato, raccontato, forse perfino sognato. E poi – molti forse ne
saranno sorpresi – “Le avventure di Pinocchio” è un libro irrinunciabile per un pubblico
sterminato, visto che è stato tradotto in 240 lingue ma il successo non gli ha impedito di
essere anche contemporaneamente amato da raffinatissimi intellettuali.
Pescando in un lunghissimo elenco si possono citare Carlo Chiostri e Giovanni Mosca che
lo hanno illustrato, Luigi Comencini e Roberto Benigni che lo hanno filmato, Carmelo
Bene che lo ha messo in scena, Giorgio Manganelli che lo ha analizzato criticamente in un
saggio elegantissimo di raro acume ma anche Stephen Spielberg e Tim Burton che a
Pinocchio continuano a pensare o Carlo Rambaldi che prima o poi riuscirà a costruirlo con
la sua inventiva poetico-scientifica. Una cosa va detta con forza: al contrario di quanto
molti pensano, “Le avventure di Pinocchio” non è quel che sembra, un romanzo rivolto ai
bambini come lo è invece il suo precedente “Giannettino”. Troppo complessa, troppo
carica di simbolismi, troppo umbratile questa storia per non immaginare di doverla
trattare con attenzione sospetta. Anche la trama non è così semplice da riassumere perché
il percorso è tortuoso, impregnato di contraddizioni, ricco di personaggi, carico di
sorprese, svolte, colpi di scena. I riferimenti letterari sono nobili – la solida struttura da
romanzo picaresco, il nome di Pinocchio che riprende quello dello Zanni della Commedia
dell’Arte, l’evidente citazione de “L’asino d’oro” di Apuleio qui depurato dei suoi
elementi mistico iniziatici – ma il tutto è calato in una realtà sociale, quella dell’Italia di
fine Ottocento, che resta sullo sfondo. Per quanto immersa in una dimensione sospesa e
quasi atemporale, la storia si svolge in un Paese di trenta milioni di abitanti il 70% dei
quali impiegati in agricoltura, che avevano un’aspettativa di vita di 33 anni e che subivano
una mortalità infantile del 25%. La “Tassa sul macinato” che proprio nel 1881 sarebbe stata
prima attenuata e poi abolita dopo la grande mobilitazione di protesta, comprimeva le
campagne cui il Parlamento – eletto dal 2% della popolazione – dedicava poca attenzione e
quando lo faceva era per assecondare gli interessi dei latifondisti. Era un mondo semplice
quello che gli occhi furbi di Pinocchio osservavano, quello dove bisognava ingegnarsi
anche per rimediare qualcosa da mangiare, dove le merci erano rare, dove il risparmio non
era solo una scelta ma un’atavica necessità. Ed è su questo sfondo che tutto si muove
evocando la Vita– il legno già parla ed è ancora informe – e la Morte, la Sincerità dei
sentimenti e l’Inganno dei gaglioffi, lo Spazio e il Tempo continuamente compressi o
dilatati, l’Essere e il Dover Essere, la Realtà e l’Illusione, la Saggezza un po’ noiosa e
l’Ignoranza supponente, il rivelarsi e il nascondersi, l’Amore e la Crudeltà, l’apparente
linearità della narrazione e le mille trappole dialettiche che nasconde. Più leggi questo
libro e più scopri particolari sorprendenti che accettiamo pur nelle loro evidenti
contraddizioni: armadi chiusi come nelle favole, esseri di legno che soffrono fame e sete
come nelle leggende, animali parlanti come nei miti, inseguimenti notturni come nella
letteratura noir. Era inevitabile che un materiale dotato da tanta ricchezza potesse far da
punto di riferimento per un gruppo di ragazzi– tutti diplomandi dell’Istituto Italiano di
Fotografia – che per un anno sono stati stimolati ad interpretare “Le avventure di
Pinocchio” per far emergere una loro personale interpretazione, liberi di esprimersi senza
vincoli che non fossero quelli del costante richiamo al testo letterario. Il risultato che qui
viene pubblicato intende così indagare nelle atmosfere collodiane facendone emergere le
mille sfumature che l’immagine sa evocare. Usando i colori più intensi e il bianconero più
delicato, sintetizzando tutto in una sola immagine o creando una sequenza fortemente
narrativa, attualizzando ironicamente i personaggi o immergendoli in atmosfere oniriche, i
giovani fotografi hanno così creato un labirinto di stimoli visivi all’interno del grande
pesce che ha inghiottito, per farli ritrovare, Pinocchio e Geppetto. Saremo noi, che
potremmo immaginare esposti invece, a trovarci e confrontarci perché ancora una volta
scopriamo quanto il rapporto fra letteratura e fotografia possa essere fruttuoso e ricco di
sorprese. Ed è allora, quando la lettura del testo fatta da adulti ha consentito di scoprirne
le sue sorprendenti potenzialità, che possiamo immaginarci quanto quella di Pinocchio
non sia una sola storia già scritta ma un modello di riferimento affidata a chiunque voglia
scrivere o riscrivere il suo Pinocchio.
Roberto Mutti

 
(tratto dal sito del comune di Gorla Maggiore)
 

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